Una poesia su Antinoo
(A LAURA MONACHESI E AL “NOSTRO” ANTINOO)
PREMESSA DELL’AUTORE
Nato in Bitinia il 27 novembre di un anno compreso fra il 110 e il 112 d.C., Antìnoo divenne ben presto, all'età di soli dodici-tredici anni, il favorito dell'imperatore Adriano, che ne fece il proprio efebo, in linea con le consuetudini omoerotiche del mondo greco alle quali l'imperatore ispirava la propria condotta privata.
Adriano amò appassionatamente Antìnoo, non meno per le sue doti di carattere che per la sua straordinaria bellezza.
Nell'ottobre del 130 d.C., nel corso di un misterioso incidente, il bellissimo efebo morì, gettando l'imperatore nella più cupa disperazione. L' Historia Augusta dice che Adriano "perse il suo Antìnoo lungo il Nilo": incidente, suicidio o omicidio? Il giallo è destinato a rimanere insoluto, anche perché il corpo di Antìnoo, forse, non fu mai ritrovato. Alcuni, tra cui Margherite Yourcenar nel celebre romanzo “Le memorie di Adriano”, tendono ad escludere l'ipotesi della caduta accidentale e propendono per la teoria di un sacrificio rituale, nel corso del quale il giovane, forse in uno stato di esaltazione religiosa, potrebbe essersi auto-immolato.
Di certo la morte di Antìnoo segnò per Adriano l'inizio di una profonda crisi esistenziale tanto che, ossessionato dal ricordo del bellissimo giovane, lo fece divinizzare e ne fece riprodurre l'immagine in innumerevoli ritratti e sculture in tutto l’impero romano.
Non solo Adriano, ma le folle, dovettero vedere in quella bellezza soffusa di malinconia una «epifania», un'irruzione del divino nel nostro mondo, che elevava il tutto nella sfera del sacro, eminentemente pubblica; e la scomparsa improvvisa e misteriosa una «sparizione» divina come quella di Romolo, poi venerato come Quirino. Di qui il culto pubblico ordinato da Adriano.
Ogni persona probabilmente perde la sua innocenza, quando per la prima volta oltrepassa il limite che da adolescente lo rende adulto, quando per la prima volta incontra i piaceri e la carne di un altro corpo. Quello stato di sacralità inviolabile che ogni individuo si porta dietro sin dalla propria nascita, decade nell'istante in cui un altro corpo, tocca i centri del piacere dell'altro, portando a compimento la prima fase della vita: lo stato della verginità. Il fisico in quel preciso istante si corrompe, quel velo di misticismo candido, di angelica purezza viene cancellato sotto i colpi di un piacere incontenibile, la ricerca insanabile diventa profezia di un'intera esistenza. Esplodono all'istante temporali estivi in angoli remoti della terra, terremoti devastano aree desertiche, stelle morenti implodono nel cosmo più profondo, tempeste ed uragani si formano negli oceani scuotendo il mare in onde gigantesche. In ognuno di noi convive una dualità, siamo tutti angeli e demoni, ma quello che ci permette di essere delle persone giuste è il grado di amore che siamo riusciti a raggiungere durante la nostra vita, quella necessità di saperci riscattare attraverso una vita di dedizione, mirata a ristabilire una purezza antica, simile alla verginità. Quando due persone si uniscono e si amano al tal punto da completarsi l’una nell’altra, è in quell’istante che la verginità perduta ritorna a far parte di noi, perché in quel medesimo istante sono diventate “una cosa sola”.
Questa credo sia la storia di Adriano e Antinoo, lui, forse il più grande imperatore romano e l’altro, il giovane ragazzo greco di Bitinia di una bellezza indescrivibile. Diciannove secoli ci separano dalla loro travolgente storia d’amore, eppure la loro contemporaneità è così evidente ancora oggi da soggiogare milioni di persone. Antinoo è visto ancora come la personificazione dell’amore per eccellenza; per lui, per amore, Adriano modificò il nome delle stelle, eresse una città nel deserto nel luogo in cui era morto e fece invadere l’impero di statue e templi in suo onore divinizzandolo.
Sono convinto che la loro storia, ai nostri giorni, sia fondamentale per capire quanto possa essere potente l’amore in quanto tale, di cosa sia capace e di quanto potere sovraumano si celi all’interno di questo grandioso, quanto mai misterioso sentimento. L’amore forse è l’unico degli stati d’animo dell’uomo che nasce dal cuore, il quale passando per la mente, non conosce pertanto razionali schemi che ne incanalano il suo potenziale. E’ istinto primitivo, immediato, folgorante. Dietro questa storia, si cela anche la storia di ognuno di noi, la persona amata, ricercata, bramata. Adriano e Antinoo sono un modello da cui trarre insegnamento, insieme ci aiutano ad essere consapevoli di quanto sia necessario imparare nuovamente ad amare, eliminando ogni impurità mondana e contemporanea, riportando alla luce verità forse antiche, ma di un fascino e un mistero ancora da scoprire.
Poco importa di che tipo possa essere questo amore che ci tiene costantemente vivi; ed è questo amore così pieno e assoluto che mi ha spinto a scrivere la mia opera su Antinoo, con l’aiuto e la supervisione di colei che divide quotidianamente la sua vita con la mia, Maura, a cui va un particolare ringraziamento.
La poesia è stata dedicata alla cara amica Laura Monachesi del Centro Internazionale Antinoo per l’Arte; a lei va tutta la mia riconoscenza per il continuo incoraggiamento a perseverare contro ogni difficoltà nella ricerca storica, artistica e poetica.
RAFFAELE MAMBELLA
NOTA BIOGRAFICA:
Dalla motivazione del “Premio Carsulae”-Comune di Terni
“Artista dell’archeologia, ama le antiche pietre e racconta la loro storia, che è la storia degli uomini, della loro capacità di creare, costruire, lasciare “segni”. La sua appassionata, raffinata ricerca in particolare nel mondo dell’arte adrianea, ha aperto ai contemporanei nuove chiavi di lettura del mondo classico, utilizzando la figura archetipa di Antinoo, protagonista inquietante di sue opere letterarie, sull’ultimo grande mito dell’antichità; l’ultimo forse disperato tentativo di far rinascere la classicità nell’epoca adrianea, avviata verso una visione non ottimistica e più dolorosa della vita”.
Terni 2 luglio 2003ANTINOO
1.
Dove sono le tue grandi
esaltanti visioni?
Tu che non sei nato uomo
qualunque
tu sei stato per l’uomo,
per un uomo,
l’imperatore,
la divinità...
... l’ultima ed assente,
certezza divina...
2.
... ora sei fango, cenere e polvere...
... dentro una crisalide di superbo marmo...
3.
Un urlo soltanto, lacerato
ascolto
tra le acque gelide del Nilo
in quell’autunno
millenario.
4.
Il tempo uccide
ciò che l’uomo va cercando.
5.
Credevi, ancora, di poter vivere
amando
e non eri il solo.
Il sole
quel giorno, non sarebbe
più sorto
per te.
6.
Erano finiti da tempo
i giorni delle illusioni,
delle ciliegie mature sull’albero,
dei campi secchi arsi dal sole,
delle piogge lamentose,
degli umidi inverni.
7.
In te, pietra,
l’uomo ha riposto la sua gloria
cercando certezze
da secoli taciute,
sperando in miracoli
di storie mai raccontate.
8.
Non io, né l’uomo, mai,
abbiamo saputo raccontare
la tua storia, ma una novella,
una favola, un sogno
sei diventato e con esse materia
per secoli futuri.
Il tuo nome è ormai storia
9.
La mia parola non sarà l’ultima,
altre si dischiuderanno
come farfalle,
l’attimo si assopirà
immondo
costatando una
morte immortale.
10.
Ti ho urlato tutto il mio amore
perduto come in un dramma
incastonato in un gelido marmo
con note improvvisate.
11.
Tu, che con il tuo sguardo
enigmatico mi hai dimostrato
che al mondo esiste
una amicizia di diversità normale,
mi hai immerso per sempre
in questo sogno utopico.
12.
Vago tra il buio
esule di ricordi,
un fiume addormentato
e tenue ,
un luogo di culto
illuminato a giorno
da fiaccole e da lucerne
di sempre novelli
adepti
e le bellezze esoteriche
di un’animula perduta.
13.
Forse ascolti
ciò che dico
ogni giorno,
come se fosse
una litania.
14.
Il tuo cuore si è fatto pietra
e il tuo sguardo, di marmoreo
ghiaccio, si sta per dissolvere?.
No!
Per sempre saranno riscaldati
da amore eterno,
quello che solo gli dei
e non gli uomini,
i miseri uomini,
conoscono
e che è
la divina Bellezza
15.
Spero in un sogno che
forse mai si avvererà
16.
Anche la Città Eterna dorme,
fiocamente disvela
i suoi monumenti, le sue glorie,
i suoi miracoli.
Per la prima volta tace
e non mi dona risposte,
mi dice soltanto
“ancora”, poi più niente.
17.
Ormai anche le parole,
sono viziate
come il tempo.
18.
Tutto scorre:
l’acqua dei fiumi,
il Nilo ed il Tevere,
le stagioni e ancor più in alto
i pianeti e le stelle,
la tua stella,
Altair,
la più bella
e luminosa
dell’intero firmamento,
occhio dell’Aquila
che ti rapì in cielo
come Ganimede.
19.
Ti ho sognato
adolescente
sui fili argentei
di un umido tetto
cercando in essi i tratti
di un volto pensoso
e mi sono sentito vuoto
e morto anch’io,
mentre
invadevi
il mio corpo.
20.
Guarda, i temporali
porteranno via l’estate
e il freddo placherà,
rendendola muta,
la mia rabbia
per un mondo a tutto
ormai insensibile, come
ricordo ed un eco
in lontananza.
21.
Crederò di essere un ultimo
tuo respiro,
ma linea di confine
saranno soltanto
onde di mare increspate
da anelito di vento.
22.
Ascolterò una musica,
unita all’esotica
nostra ebbrezza e nel ricordo
di una notte d’amore
costruirò tutta la mia realtà.
23
Volerò come rondine in un limpido cielo a primavera, ghirigori vastissimi intrecciando.Ove io non posso. Sogni vani di un impossibile volo!
24Lasciarmi allorala riva alle spalle e andar per mare, navigando beato e all’azzurro infinito volger la prua a cercare estremi lidi
di una mitica
ed impossibile
Grecia,
quella
che fu solo tua,
o Antinoo.
Giugno 2007
POESIA
DI
RAFFAELE MAMBELLA
I poeti
I poeti veri strappano parole
al cuore fatto a pezzi
e fanno di quelle più comuni
un nuovo dire.
Ed io (più umilmente)
Voce dell’onda corda dell’umano
legno vibrante canta
fende il silenzio e innalza ad occhi chiusi
il suono che vorrei perfetto come l’alma schietta
che tiene il tempo tra le corde e l’arco
nel punto giusto dove la nota nasce.
Quanto è crescente
la gioia in questo mondo
e calante la passione
al suono affido
e riprendo dall’ultima battuta
all’unisono la cassa ed il mio petto.
E’ accordo senza errore quest’affetto.
Addio alla poesia
Il giorno calerà verso ponentequando di fiancomi sorprenderà.Avrò il passo sicurodi chi sa dove andare.
Avrò lo sguardo direttoin qualcosa in cui mi riconoscerò.Non chiederò chi sia,non ne avrò il tempo.
Mi prenderà per manoe lo saprò..Allora inventerò l’ultimo versodi quel poema che non ho mai scrittoma lascerò la penna.
Capiròche la poesia più vera
è nuda di parole.
